A diciannove anni si può fare tutto, anche permettersi di fare un giro con uno scooter sellato rigorosamente Pariani e perché no, mangiarci un buon sushi. A Filippo Bologni è concesso anche questo. Cavaliere in uniforme per l’Arma dei Carabinieri a Tor di Quinto che, dopo la recente medaglia d’oro young rider ai campionati italiani 2013, ha fatto il suo esordio in un circuito internazionale a 5 stelle nell’arena di Vienna. Un Longines Global Champions Tour che ricorderà per l’emozione iniziale, non ancora per il risultato finale. “E’ stato incredibile essere lì, con i migliori”. Una prima volta, “una prima esperienza, che mi è servita per imparare ad essere ancora più competitivo”. Filippo non si vuole fermare, continua a saltare: “Adesso vorrei riuscire ad entrare nel giro, poter montare ancora in questi campi…”. Un debutto “senza particolare pressioni. Sinceramente l’ho sentita di più in un campionato Nazionale, in quello Europeo”.
Filippo Bologni è salito a cavallo da piccolo. Prima per gioco, poi per passione al fianco, ovviamente, di suo padre, Arnaldo, non un cavaliere a caso. All’età di sette anni guardava i cavalli ancora da lontano, con un certo distacco, poi come spesso accade, basta poco per innamorarsi, far cambiare le cose. E’ bastato “un concorso sociale nella nostra scuderia per far sì che il cavallo diventasse anche un lavoro. Da quel momento non sono più sceso”.
La sua storia a cavallo comincia a otto anni, al fianco del padre cavaliere che ha reso onore all'Italia sui campi internazionali, oggi suo primo tifoso in qualsiasi gara, oggi ancora alla ricerca di un cavallo che sia all’altezza dei suoi trascorsi. Da quel giorno Filippo è cresciuto, ha alzato al cielo 17 Coppe delle Nazioni fino all’ultima, ad aprile, quella conquistata nello CSIO di San Giovanni in Marignano, seguita da un secondo posto nella Coppa di Bonheiden, in Belgio a maggio. Senza dimenticare l’ultimo successo, con il titolo di campione italiano young rider a settembre.
“Avere un padre come lui mi è stato solo d’aiuto”. Mai nessuna gelosia, paragone o particolare pressione. “Averlo al mio fianco è un supporto costante, mi permette di lavorare con maggiore concentrazione. Il suo consiglio? E’ quello di tenere nella vita sempre i piedi per terra. Nell’equitazione quello che conta maggiormente è il cavallo e ci possono essere dei momenti bui, dove non vinci. È in questi momenti che il lavoro, i sacrifici e l’impegno possono fare la differenza”.
L’Italia crede in lui, ha bisogno di giovani del suo valore, del suo carattere per tornare a far parlare di sé e dei suoi cavalieri anche all’estero. Ci vuole tempo, la giusta pazienza, l’attenzione necessaria per non sbagliare niente. Per questo Filippo segue Arnaldo, crede che guardare da vicino i top-riders del calibro di Marcus Ehning, “il più da vedere”, o Ludger Beerbaum, “il più forte al mondo nel gestire una gara”, possano aiutarlo ancora e migliorarsi, cercare di raggiungerli. Ma che cavaliere sarebbe senza la sua amazzone? Per questo ad accompagnarlo, a condividere le giornate tra ore di allenamenti e studio (pronto ora per l’avventura universitaria…) c’è Francesca Garcia, altra figlia d’arte: “Ci aiutiamo a vicenda. Insieme superiamo tutto, andiamo oltre all’ostacolo”.
Luca Uccello